Razionale Congresso

La cardiopatia ischemica rappresenta tuttora la causa di morte più frequente nel mondo occidentale. Lo scenario della malattia, a causa delle misure di prevenzione e dell’avanzamento delle cure, è tuttavia sostanzialmente variato, registrandosi oggi la maggioranza degli eventi (fatali e non-fatali) nelle fasce d’età più avanzata.

Il trattamento delle manifestazioni acute della cardiopatia ischemica, diretto ad antagonizzare farmacologicamente o meccanicamente le conseguenze della trombosi coronarica, ha raggiunto elevata efficacia così da portare ad una significativa riduzione della mortalità. Ciò anche grazie agli sforzi che sono stati fatti e che si stanno tuttora facendo riguardo la possibilità di identificare sempre più precisamente e rapidamente i soggetti che hanno infarto miocardico in atto tra coloro che potrebbero averlo perché allertano il sistema dell’urgenza a fronte di sintomi sospetti.
Tuttavia, proprio il cambiamento dell’approccio diagnostico e terapeutico alla fase acuta della malattia ne ha messo in discussione la patogenesi invariabilmente trombotica. Talora l’infarto miocardico infatti si manifesta in assenza di lesioni ostruttive coronariche visibili alla coronarografia, ma non per questo la prognosi a lungo termine è benigna. Restano inoltre aperti numerosi quesiti circa il trattamento ottimale dei pazienti più “difficili”, come ad esempio quelli che necessitano di concomitante terapia anticoagulante orale a causa della presenza o della comparsa di fibrillazione atriale. Proprio la miglior comprensione dei meccanismi patologici comuni a fibrillazione atriale e malattia coronarica sta rendendo possibile un nuovo approccio terapeutico a lungo termine delle patologie aterotrombotiche.
Al tempo stesso si stanno facendo importanti progressi riguardanti il trattamento ottimale di alcuni sotto-gruppi di pazienti con cardiopatia ischemica, soprattutto quelli che hanno manifestazioni stabili della malattia e quelli che al contrario giungono in ospedale nelle condizioni più drammatiche, ovvero in stato di shock cardiogeno. Nei primi l’approccio di cura più vantaggioso, ovvero farmacologico o basato prevalentemente sulla rivascolarizzazione coronarica, (percutanea o chirurgica), è ancora oggetto di accesa discussione. Nei secondi la linea di trattamento più efficace al fine di salvarne la vita si sta progressivamente delineando grazie nuovi approcci di rivascolarizzazione coronarica e di assistenza al circolo.
Infine l’approccio di cura a lungo termine dei pazienti reduci dalle dall’evento ischemico acuto e di quelli ormai giunti alla fase di stabilità, ovvero di cronicità della malattia sta subendo profondi cambiamenti. Per raggiungere i migliori esiti a distanza è centrale ridurre il più possibile i livelli di colesterolo LDL e contrastare la tendenza alle ricadute attraverso combinazioni di farmaci antitrombotici a bassa dose. È però necessario considerare sempre più un approccio olistico al paziente, che faccia degli interventi rivolti alla salute globalmente intesa un momento importante di miglioramento dell’intervento medico.
L’incontro intende ripercorrere gli elementi di riflessione prima di portarti. Ciò al fine di stimolare la discussione tra esperti del settore e i partecipanti, nel convincimento che l’implementazione di ragionamenti condivisi sia fondamentale per un corretto approccio terapeutico ed una rigorosa allocazione di risorse sanitarie necessarie alla cura di quella che resta la principale causa di morte nel mondo occidentale.

Stefano Guarracini